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La mostra di trieste: programma di sensibilizzazione contro la vittimizzazione secondaria

In occasione della Festa della Donna, Trieste diventa il palcoscenico di un’evento di grande impatto emotivo e sociale: una mostra presso il Palazzo di Giustizia che affronta il delicato tema della violenza sessuale e la distorta percezione della responsabilità della vittima. L’esposizione, intitolata “Com’eri vestita? L’abito non è un alibi”, punta a smantellare pregiudizi radicati e a spostare l’attenzione dalla vittima verso gli aggressori.

Un allestimento che parla al cuore delle persone

La mostra si snoda lungo spazi simbolici del Palazzo di Giustizia, con manichini che indossano abiti replicanti, quelli che le vittime portavano al momento dell’aggressione. Questi sono racconti silenziosi ma potenti, che Laura Carlini Fanfogna, una delle organizzatrici, spera possano scuotere la coscienza collettiva. Questa rappresentazione tangibile invita i visitatori a guardare oltre le statistiche, favorendo un profondo coinvolgimento emotivo e una presa di responsabilità verso il cambiamento culturale.

Scosse emotive e cambiamento sociale

Oltre a informare, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di attivare un dibattito profondo su quanto sia comune attribuire alle vittime la colpa della violenza subita. Il messaggio che si intende trasmettere è chiaro: la responsabilità deve ricadere esclusivamente sugli autori delle violenze, evidenziando quanto sia assurdo giustificare questi atti basandosi sull’abbigliamento delle vittime.

L’istituzione in prima linea

Durante l’apertura dell’esposizione, è stata registrata la partecipazione di figure di spicco della giustizia triestina e di rappresentanti delle associazioni magistrali. Questo sottolinea non solo l’urgenza del tema ma anche il chiaro impegno delle istituzioni nel contrastare culturalmente e legalmente la giustificazione della violenza di genere. La loro presenza rappresenta una volontà di intraprendere azioni concrete e sostenibili verso la tutela delle vittime.

Simbolo di lotta e speranza

Nel contesto della mostra, la storia di Dominique Pelicot è stata particolarmente discussa, risuonando come emblema degli orrori che molte donne affrontano. Il suo caso accentua l’importanza della riforma culturale e legislativa, spingendo a interrogarsi sui valori che la società vuole tramandare alle future generazioni. L’esposizione diventa così non solo un’occasione di denuncia ma un forte stimolo alla introspezione sociale.

Invito alla consapevolezza

Aperta per una settimana, “Com’eri vestita? L’abito non è un alibi” invita i cittadini a visitarla e riflettere su un tema essenziale per il miglioramento della nostra società. L’invito è a riconoscere e combattere lo stigma associato alla vittimizzazione secondaria, spingendo ognuno a contribuire a una cultura di rispetto e responsabilità. Questa mostra rappresenta un passo deciso verso una coscienza sociale più informata e giusta.

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